Riciclo chimico e combustibile da plastica: domande e risposte

Riciclo chimico e combustibile da plastica: domande e risposte

Riportiamo in questo articolo a titolo informativo una libera traduzione fatta dai nostri attivisti di Cittadini in Comune per Collesalvetti di un documento prodotto da Zero Waste Europe e GAIA per chiarire la differenza tra riciclo chimico della plastica e produzione di combustibile da plastica. L’impianto proposto da ENI, secondo quanto annunciato rientra in questa seconda categoria e quindi non può essere considerato Riciclo ne “economia circolare” come sbandierato dal Governatore Rossi (PD) per primo a Giugno, anche se lo stesso metanolo prodotto e la stessa tecnologia impiantistica potrebbero essere usati anche per produrre formaldeide da cui derivare nuova materia plastiche vergine da reinserire nel ciclo produttivo. La questione è evidentemente complessa e si presta a strumentalizzazioni. Speriamo di aiutare in questo modo ad affrontare la questione in modo più articolato, superando le semplificazioni “mega-inceneritore” vs “bio-raffineria”.

Come preannunciato nella nostra risposta alla raccolta firme promossa dal Coordinamento provinciale Rifiuti Zero di Livorno, chiarire questa distinzione sarà oggetto di una mozione che presenteremo prossimamente in Consiglio Comunale. Se ENI vuole imboccare la strada dell’economia circolare, cosa di cui pensiamo sia giusto anzi urgente parlare per il futuro economico e  sociale del nostro territorio, lo deve fare parlandone nei giusti termini e presentando un piano di riconversione complessivo del sito di Stagno che preveda la cessazione della lavorazione dei combustibili fossili, la vera causa di inquinamento a Stagno con le 4 M ton di crude oil lavorate ogni anno. Vi invitiamo a leggere il nostro comunicato cliccando QUI anche alla luce dei chiarimenti presentati nel seguito. 

E’ possibile scaricare e condividere il documento esteso in formato pdf da questo link

Le risorse originali in lingua inglese sono disponibili qui, qui e qui.

Domanda. Come viene riciclata la plastica?

Risposta. La plastica viene raccolta, smistata, lavata, macinata in scaglie, riordinata di nuovo e quindi fusa in pellet, che vengono utilizzati per creare nuovi prodotti. Questo processo si chiama “riciclaggio meccanico”. Recentemente, l’industria delle materie plastiche ha proposto l’uso di nuove tecnologie che chiamano “riciclaggio chimico”.

D. Che cos’è il riciclaggio chimico?

R. “Chemical recycling” è termine usato per fare “greenwashing” nell’industria della plastica che mette insieme diverse tecnologie che possono avere in realtà finalità molto diverse creando quindi confusione sul significato di questo termine. Questi processi trasformano la plastica in liquidi o gas che potrebbero essere utilizzati per produrre nuova plastica ma in pratica vengono solitamente bruciati. I termini “pirolisi”, “solvolisi” e “depolimerizzazione” sono anche usati per riferirsi a diverse varianti tecnologiche di questo processo. Qualunque sia il processo chiamato, se i prodotti finali vengono bruciati, si tratta di produzione di combustibile da plastica e quindi non di riciclo.

D.Perché si chiama riciclaggio?
R. In linea di principio, i liquidi e i gas di sintesi ricavati dalla plastica possono essere convertiti in nuova plastica “vergine”, un processo che è meglio chiamato “ripolimerizzazione”. Tuttavia, questo è attualmente tecnicamente impegnativo e antieconomico. L’industria usa il termine “riciclaggio chimico” per confondere deliberatamente la distinzione tra riciclaggio (ripolimerizzazione da plastica a plastica) e incenerimento (da plastica a combustibile).

D. Perché è importante distinguere la plastica dalla plastica dalla plastica al carburante?

R. La ripolimerizzazione produce nuova plastica, che riduce la domanda di combustibili fossili, riducendo l’impatto ambientale della produzione di plastica. Trasformare plastica in carburante da bruciare non fa nulla per affrontare le molte forme di inquinamento create dalla crescente produzione di plastica. L’Unione Europea ha elaborato una direttiva quadro sui rifiuti molto chiara: la produzione di combustibili da rifiuti non può essere etichettata o conteggiata come “riciclaggio”.

D. “plastic-to-fuel” è ecologico?

R. No, quasi tutta la plastica è composta da petrolio e gas naturale, quindi è ancora un combustibile fossile. I gas a effetto serra vengono rilasciati nella produzione di plastica, nel trasformarla in combustibile e nel bruciarla come combustibile.

D. Ci sono altri problemi con il “plastic-to-fuel”?

R. Gli impianti che producono carburante da plastica sono sia impianti di trattamento rifiuti che impianti petrolchimici, con le conseguenti emissioni tossiche, effluenti liquidi e rifiuti solidi. Inoltre, il combustibile derivato dalla plastica rilascia sostanze tossiche quando viene bruciato. La tecnologia “plastic-to-fuel” è inefficiente dal punto di vista energetico e costosa e ha avuto diversi guasti di alto profilo, tra cui incendi ed esplosioni nelle strutture.

I problemi del carburante da plastica (“plastic-to fuel”)

D. La ripolimerizzazione è economica?

R. La ripolimerizzazione richiede la raccolta di plastica post-consumo, la sua pulizia e la sua classificazione in base al tipo di polimero e agli additivi. Questo è molto costoso. Nel frattempo, il nuovo polimero a base di gas naturale è molto economico, quindi i produttori di plastica usano polimero da estrazione anziché polimeri riciclati, aggravando ulteriormente il problema della plastica e la crisi climatica. La ripolimerizzazione è persino più costosa del riciclaggio meccanico, che fatica a trovare mercati.

D. Come si confronta la ripolimerizzazione con il riciclaggio tradizionale (meccanico)?

R. Entrambi richiedono solitamente flussi di input costituiti da un singolo tipo di plastica (polimero). Il riciclaggio meccanico generalmente riduce la plastica accorciando la lunghezza del polimero. Ha anche problemi con additivi e contaminanti nella plastica. La ripolimerizzazione può produrre plastica di qualità simile alla nuova plastica (vergine). È anche più tollerante nei confronti di alcuni additivi e contaminanti. Tuttavia, la ripolimerizzazione richiede molta più energia rispetto al riciclo meccanico, con conseguenti maggiori costi ed emissioni di gas serra.

D. Qual è la storia operativa del “riciclaggio chimico”?

R. La maggior parte degli impianti che pretendono di fare riciclaggio chimico trasformano la plastica in combustibile. Alcuni progetti pilota producono plastica, ma essi gestiscono volumi relativamente limitati, non l’intera gamma di rifiuti plastici. Molti di questi impianti usano la pirolisi, che non è una nuova tecnologia; esiste da decenni, ma non ha mai avuto successo tecnico o commerciale. Nonostante l’hype del settore, la Commissione dell’Unione Europea ha affermato che la tecnologia di ripolimerizzazione è lontana almeno dieci anni dall’applicazione commerciale – troppo a lungo per affrontare i problemi climatici e di inquinamento posti dalla plastica.

D. Qual è il track record ambientale per la ripolimlerizzazione?

R. Poiché gli operatori rendono disponibili i loro dati sulle emissioni, non si sa nulla delle emissioni di aria tossica di queste tecnologie, degli effluenti liquidi o dei flussi di rifiuti solidi, ma sono probabilmente paragonabili ad altri impianti petrolchimici. Una preoccupazione particolare è il destino dei contaminanti gli e additivi presenti nella plastica e la loro gestione post-elaborazione. Queste domande dovranno essere studiate in modo imparziale nelle condizioni operative del mondo reale per comprendere il pieno impatto ambientale della ripolimerizzazione.

D. Se il “riciclaggio chimico” è una tecnologia immatura, perché sentiamo così tanto su di essa?

R. Le industrie petrolchimiche stanno rapidamente espandendo la produzione di plastica, si stima un incremento del 40% nel prossimo decennio. Per reprimere la crescente preoccupazione, stanno cercando di convincere il pubblico a poter ripulire il problema dell’inquinamento da plastica con la tecnologia. Questa è una tattica di distrazione per evitare di parlare della vera soluzione, che è quella di fermare il fracking e produrre meno plastica, in particolare prodotti di plastica monouso.

D. Chi promuove queste tecnologie?

R. Le società di riciclaggio dei prodotti chimici sono piuttosto piccole, ma sono sostenute finanziariamente dalle major del petrolio e del gas, dai giganti dell’incenerimento e dalle grandi aziende petrolchimiche. Ad esempio, un importante promotore è la “Alliance to End Plastic Waste”, che include BASF, ExxonMobil, Occidental Petroleum, PepsiCo, Reliance Industries, SABIC, Shell Oil, Suez e Veolia.

D. Come dovrebbe essere regolamentato il “riciclaggio chimico”?

R. La regolazione dovrebbero chiaramente distinguere tra ripolimerizzazione e plastic-to-fuel. Il combustibile da plastica dovrebbe essere gradualmente eliminato, insieme ad altri combustibili fossili. La ripolimerizzazione non dovrebbe beneficiare di sussidi, incentivi normativi o deregolamentazione ambientale. Questi potrebbero aiutarlo a competere con attività preferibili tra cui il riciclaggio meccanico, che ha una minore impronta di CO2 e sottoprodotti tossici. Tali strutture devono essere attentamente monitorate per rilevare emissioni tossiche di gas a effetto serra, gestione dei rifiuti e degli effluenti.

 

D. Cosa dovremmo fare con le materie plastiche che non possono essere riciclate in sicurezza?

R. La discarica di plastica è l’opzione “male minore”; la plastica in discarica è relativamente inerte, fin quando le discariche non bruciano. L’incenerimento e la produzione di carburante da plastica sono soluzioni peggiori; rilasciano grandi quantità di gas serra e emissioni tossiche in aria. Lo scarico aperto di plastica è problematico per altri motivi: crea microplastiche, minacce per la fauna selvatica, inquinamento dell’acqua e altro ancora. La vera soluzione è di smettere di produrre così tanta plastica, cominciando con quelle difficili da riciclare, prodotti monouso.

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